Qual è la tua canzone?

Quel sottile motivetto che allieta i ricordi o li frastorna col ritmo rabbioso di assordanti silenzi?
Quel crescendo in un istante paura o in lunghi momenti di tristezza? La nota stonata nel fluire
della confusione o l’accordo pulito della felicità?
Ognuno possiede la propria personale canzone creata da eco di emozionalità. Sì, le nostre
emozioni sono note che compongono una personale melodia e da bravi compositori
inconsapevoli ne proviamo sempre molte e varie. Utile al nostro BenEssere è poterle
Ascoltare, imparare a Ri-Conoscerle e consentirsi di Esprimerle.
Prendersi cura di sè passa attraverso la consapevolezza del proprio “sentire”. Ascoltare le
proprie emozioni aiuta a prendere decisioni in linea con i propri bisogni, in ogni fase della
propria vita. Non si può generalizzare sul carattere positivo o negativo di uno stato emotivo, le
emozioni sono utili a seconda del contesto dove compaiono.

Emozioni attuali

La situazione di emergenza sanitaria che stiamo vivendo coinvolge tutta la comunità ad ogni
livello. Il nuovo Coronavirus con il suo arrivo,ha occupato il nostro tempo, il nostro spazio, le
nostre relazioni conquistando le prime pagine di giornali, telegiornali e siti web. E’ del tutto
normale in questo momento che molti di noi si sentano preoccupati, allarmati, confusi sul da
fare. Il cambiamento delle nostre abitudini di vita, scolastiche, lavorative, sociali, influisce sulla
vita di adulti, bambini, anziani e persone fragili determinando senza dubbio molte difficoltà. È
venuto a crearsi un contesto in continua evoluzione, che sfugge alla possibilità di essere
controllato. È un contesto nuovo, poco familiare, in cui ognuno di noi ci si barcamena tra dati
“sterili” e la circolazione incontrollata di fake news. In questa situazione di incertezza, di

continuo cambiamento e di attesa del ristabilirsi della normalità, siamo chiamati ad adattarci ad
un nuovo ritmo di vita e a norme di comportamento dedite alla prevenzione.
In questo momento di stress prolungato tutti noi siamo maggiormente in condizioni di
“vulnerabilità emotiva”. Proprio per questo, alcuni temi personali caldi e nostri tipici stili di
pensiero (ad esempio, senso di inadeguatezza, di colpa o preoccupazione pervasiva,
autocritica, perfezionismo, pessimismo, ecc.) potrebbero intensificarsi e contribuire
all’aumentare dell’intensità con cui sentiamo le emozioni o al loro perdurare.
Potremmo provare preoccupazione, paura, ansia, angoscia, tristezza, noia, spaesamento…ma
ricordiamoci che provare emozioni negative è normale nella vita, a maggior ragione in
questo momento.

Proviamo ad ascoltare ciò che proviamo e a decodificare

La paura è un’emozione primaria, una reazione ad un pericolo specifico. Si prova paura
di fronte ad una minaccia identificabile, per un oggetto specifico che la innesca. La paura attiva
comportamenti di attacco e di fuga, è quindi un efficace meccanismo di difesa per la nostra
salvaguardia. Quando invece non si conosce da dove viene il pericolo, non si vede (ma
sappiamo che incombe ovunque) e non è identificabile come oggetto determinato, può
generarsi uno stato di agitazione perenne e di disagio diffuso che può sfociare in ansia. Un’altra
caratteristica che differenzia la paura dall’ansia è che mentre nel primo caso il pericolo è
immediato, nel vissuto di ansia la minaccia si colloca nel futuro ossia è come se si vivesse
costantemente in attesa di un pericolo imminente e ci si dovesse proteggere dalle possibili
minacce future.
Pericolosità, attesa e incertezza Il coronavirus è impercettibile, per alcuni aspetti
imprevedibile in quanto è ancora in fase di studio: siamo tutti fragili di fronte a una minaccia
invisibile. In questa circostanza, dunque, non abbiamo a che fare con un pericolo ben
determinato, ma abbiamo a che fare con la sua pericolosità – il contagio – qui intesa come
minaccia non identificabile ma che potrebbe essere presente ovunque. È possibile quindi
provare ansia, alternata alla paura, nelle situazioni in cui il virus si fa a noi sfuggente e non
controllabile. Ad alimentare il disagio psicologico, oltre alle ricadute sociali ed economiche, è la
condizione di attesa e di sospensione dal normale fluire della nostra vita: siamo in attesa –
senza sapere con certezza quando questa finirà – di riprendere le nostre abitudini, i nostri
progetti, le nostre routines, la nostra quotidianità. Tutto ciò limita le nostre vite, le nostre
possibilità di azione e toglie forza e solidità al nostro senso di stabilità, alimentando possibili
timori, paure e ansie. Il proliferare delle preoccupazioni è dovuto anche all’inadeguatezza delle
informazioni: spesso è l’incertezza e la contraddittorietà che fa permanere l’ansia piuttosto che
la paura della malattia in sé. Infine, la paura del contagio, la ricerca dell’immunità, il timore di
ammalarsi e di perdere i propri cari, possono generare un senso di angoscia ponendoci davanti
alle fondamentali questioni del senso della nostra vita e del senso di limite: la pandemia ci
ha sorpresi, mettendoci di fronte a delle verità certe, ossia la possibilità di morire e la nostra
limitata capacità di controllare ciò che ci circonda. Poter controllare ogni cosa è una delle
illusioni più grandi dei nostri tempi.
Il periodo prolungato di isolamento dalla vita sociale, di lontananza dalla sede di lavoro,
di convivenza con la famiglia senza momenti per sé, la paura di ammalarsi possono creare
ansia, fragilità e apprensione; anche la percezione del rischio può essere distorta e amplificata
sino a portare a condizioni di panico. Se in questo momento di emergenza pensi di avere
bisogno di aiuto psicologico i nostri Centri Clinici possono fornirti l’aiuto di cui necessiti.

Il desiderio di tornare alla nostra normalità come antidoto

Una delle conseguenze delle norme di prevenzione, è la limitazione delle proprie possibilità di
azione. Sebbene siamo portati a vivere in spazi ristretti o nei quali non scegliamo di stare
liberamente, questa è una condizione di tutela: dobbiamo rammentarlo per sentirci efficaci e
per poter “dare senso” alla situazione che viviamo. Sono diversi i modi in cui possiamo vivere
questa attesa:può essere vissuta non solo come un aspettare inquieto di qualcosa che non si
conosce e che si teme, ma anche come un tempo in cui tutti desideriamo e corriamo verso
un’unica meta. L’antidoto più forte alla paura è il desiderio: impegnati in un progetto collettivo, come la protezione personale e altrui attraverso il rigoroso rispetto delle norme sanitarie, pur ammettendo in sé timori, paure e difficoltà, riconosciamo in ognuno di noi la forza per affrontarle e superarle.
In questa attesa in cui dobbiamo “So-Stare” risiede quindi la speranza che attenua la morsa
dell’attesa e ci consente di guardare al futuro. Senza speranza non saremmo capaci di portare il
peso delle nostre responsabilità.
Anche l’altruismo (desiderio di aiutare e tutelare gli altri), la compassione (vicinanza emotiva
con tutti le persone che si trovano nella medesima situazione), il divertimento (legato ai
momenti di distrazione o convivialità), la tranquillità (da diminuzione del carico di lavoro ed
aumento del tempo libero) e l’ammirazione (per i professionisti sanitari, per tutti i lavoratori
impegnati nelle loro attività – come ad esempio nella grande distribuzione – e per tutte le
persone che stanno aiutando o rispettano le regole) potrebbero esser emozioni che ci
“risuonano” dentro, emozioni “positive” legate all’essere maggiormente focalizzati su altri
aspetti della situazione.
Il Coronavirus è un contagio anche emotivo e le reazioni sembrano virare tutte al nero, ma
non è così e davanti alla crisi in corso, la nostra sensibilità è una risorsa, non un ostacolo.
Allora accendiamo l’ascolto, o alziamone il volume, non semplicemente dai balconi, ma da
quello spazio intimo e ben arredato che è il nostro “sentire”…e sarà l’occasione di un fluire più
armonico di ciò che proviamo, soprattutto se cerchiamo, sollecitando la nostra resilienza in
questo momento, di far davvero tesoro del tempo che non abbiamo scelto di avere in dono così
forzatamente, ma lo abbiamo come opportunità per invertire la tendenza della limitazione, del
disagio, della fatica, della paura… Trasformandola. Usandola a nostro vantaggio, proprio come
naviganti esperti in mare in tempesta.

D.ssa Francesca Marchegiani